Andrea Guida appare tra i pittori italiani contemporanei quello più interessato ad affrontare la vita e le condizioni della gente umile del nostro sud.
Ha esordito a Roma verso la metà del secolo scorso, con una personale che si rivelò estremamente drammatica proprio per la scelta di certi temi che tormentavano e tormentano il nostro Mezzogiorno.
All’estero ha tenuto mostre a Ginevra, Zurigo, Boston, Montclaire, Lussemburgo, ecc. I successi di queste mostre sono ampiamente documentati su “Le Dauphinè Liberè”, “la Tribune de Geneve”, “le Republicain Lorrain”, “Volksrcht”, “The News Tribune”, ecc., con i giudizi critici di A. A. Koller, Smith, M. Balmuth, Ross Holloway.
In Italia presentazioni e giudizi critici, apparsi su numerosi quotidiani, sono opera d Francesco Russoli, Valerio Mariani, Arturo Bovi, Bruno Morini, F. P. Catalano, Mario Napoli, Alfonso Gatto, Mario Mello, ecc.
Sue opere figurano presso numerose collezioni e raccolte italiane ed europee. Negli Stati Uniti è presente nella Pinacoteca “Tufts University” di Boston e nel Museo di Arte Moderna di Providence R. J.
Nel 1990, su invito dell’Istituto Italiano di Cultura, ha presentato a Lussemburgo una mostra sugli emigranti e un’altra nel 2000 a Damasco in Siria, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede culturale.
Nel 1998, per il cinquantenario delle lotte agrarie, ha percorso i vari centri della Basilicata con una mostra itinerante sul mondo contadino e ha donato al comune di Tricarico tre opere che ricordano la rivolta dei braccianti, l’occupazione delle terre e la morte di Rocco Scotellaro.
A distanza di tanti anni, nella memoria d chi ha avuto la fortuna di ammirarle, rimangono scolpite le opere con le quali rappresentò il “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi.
Un giudizio di Alfonso Gatto
Questo originale e solitario pittore del Cilento vive nel tempo e fuori dal tempo con un’immobilità perfetta, si potrebbe dire religiosa, di osservatore e di memorialista.
Del tempo, più che le notizie e la storia credo abbia il sentimento,che è proprio dei poeti: della cronaca, che è tutta portata via dalla sua ansia di passare, egli raccoglie e ferma l’evento che dia dell’uomo, della sua famiglia d’erbe e di animali, un’immagine durevole e riavvicinata alle altre memorie che ne tramandano le effigi e il silenzio, più che la parola.
Vivendo e lavorando in due grandi città morte che vivono rivelandosi ogni giorno all’indagine e all’occhio degli scopritori, prima Paestum, poi nell’Elea di Zenone, a pochi chilometri da Marina d’Ascea, dove è nato, il pittore Andrea Guida vi ha trovato radici, più che suggestioni e soggezioni culturali: il rispetto dell’ “antico”, semmai, era all’altezza dei pensieri che andava facendo sull’uomo e sulla condizione contadina, tra la vita e la morte.
Nel vivo delle colorazioni, nella primordialità caratterizzante del segno, sempre vincente, sempre preminente nella sua disputa visionaria, Guida realizzava già dai primi esempi una pittura povera, la cui ricchezza era tutta interiore, meditativa, riassunta in una semplificazione espressionistica quanto accusatrice.
E tutto questo fuori da ogni impegno ideologico e dagli innegabili aiuti indicativi che la polemica dà semmai con la meraviglia che può suggerire la scoperta di una cultura e di un’arte interessate ai vivi più che ai morti, al non-sapere più che al sapere.
Credo che le qualità riconosciute ad Andrea Guida da altri critici (da Russoli a Morini a Bovi) sono tutte confermate e a oltranza.
Torno alle mie affermazioni iniziali: questo originale e solitario pittore del Cilento è riuscito a dare nel tempo, più che le notizie e la storia, quel sentimento di durata, di addolorata stupefazione, propria dei poeti che osservano religiosamente i fatti della vita e della memoria, la realtà e l’irrealtà insieme di un umano paese contadino.
Sono quadri che fissano gli occhi, che non ci lasciano passare invano.
Dobbiamo fermarci a vederli, forse ad ascoltarli... Anche il silenzio parla, e accusa.
(Alfonso Gatto)